Ogni anno 40.000 bambini prematuri: come farli nascere sani

A cura di: Redazione
Per nascere forti e pronti a far parte del mondo bisogna trascorrere nove lunghi mesi nella pancia della mamma. Se le cose vanno in modo diverso deve immediatamente partire una rete di protezione che permetta ai bambini prematuri, che nascono prima della 37esima settimana di gestazione di vivere sani e forti. L’emergenza è quella di proteggere questi piccoli fino a che saranno in grado di farcela da soli.
Nascendo prima che polmoni, cuore, cervello e sistema immunitario siano completamente formati, significa aumentare notevolmente il rischio di complicazioni respiratorie, cardiache e neurologiche, nei primi giorni di vita ma anche più avanti nel tempo.
Per questo i bambini prematuri hanno bisogno della migliore assistenza durante tutta l’infanzia, e per questo ci vuole uno sforzo da parte dei medici, dei genitori e del sistema sanitario.
“In primo luogo l’età avanzata materna al momento del concepimento, che rappresenta un fattore di rischio di parto prematuro, come l’utilizzo delle tecniche di fecondazione assistita che accresce le probabilità di parti gemellari, e conseguentemente di parti prematuri e nati di basso peso” ha spiegato Mauro Stronati, presidente della Società Italiana di Neonatologia.
Inoltre, negli anni, i fattori di rischio medici non sono scomparsi: stress, infezioni, problemi ostetrici, diabete, inquinamento, ipertensione, fumo, alcol e cattive abitudini alimentari hanno ancora un grande peso nella nascita prematura.
“I neonati pretermine non sono tutti uguali quelli più piccoli, che chiamiamo molto pretermine ed estremamente pretermine, rispettivamente sotto le 32 o sotto le 28 settimane di gestazione, sono i più problematici” ha spiegato Mauro Stronati, aggiungendo che “è vero che cinquant’anni fa moriva oltre il 70% dei neonati sotto i 1500 grammi, mentre oggi sopravvive il 90%, ma questi piccoli devono essere seguiti attentamente”.
Sono pochi i bambini prematuri nati tra la 22° e la 25° settimana, che pesano dai 300 ai 600 grammi, ma sono davvero fragili e fino a poco tempo fa non avrebbero alcuna speranza di sopravvivere.
“Sono quelli che presentano più problemi, dalla ridotta capacità di regolare la temperatura corporea alle difficoltà respiratorie, dalle emorragie cerebrali all’ittero e alle infezioni” ha continuato Stronati. Questo perché i polmoni dei nati pretermine, per esempio, mancano di surfattante, sostanza che riveste gli alveoli polmonari, e senza fanno fatica ad espandersi e il sangue ad ossigenarsi. La nascita precoce impedisce, inoltre, al cervello di completare il suo sviluppo rendendo i vasi sanguigni più fragili ed aumentando il rischio di emorragie.
“Il cervello del neonato pretermine inoltre rischia asfissie e quindi lesioni, non solo a causa delle difficoltà respiratorie, ma anche per sofferenze che possono capitare in utero o durante il parto” ha aggiunto Mauro Stronati.
Le infezioni sono, invece, il risultato di un’immunodeficienza fisiologica dei bambini pretermine in quanto il sistema immunitario è poco sviluppato ma i neonati vengono resi più fragili anche dai tubicini e cateteri delle cure intensive che bypassano barriere cutanee e mettono in comunicazione ambienti interni ed esterni. I rischi dei neonati possono essere molto gravi, come deficit della vista o paralisi cerebrali nei casi peggiori, danni all’udito, deficit nel quoziente intellettivo e difficoltà nell’apprendimento nei casi meno gravi.
Secondo gli esperti bisogna ridurre i punti nascita in modo da innalzare gli standard di sicurezza, così da garantire la presenza di maggior personale nelle unità di terapia intensiva neonatale.
Per cominciare si potrebbe permettere alle madri di entrare nei reparti di terapia intensiva neonatale di giorno e di notte.
“Non si tratta di un capriccio dei genitori. Lasciare libero l’ingresso alle mamme è fondamentale non solo per promuovere l’allattamento al seno ma per favorire lo sviluppo neurologico del bambino, e consolidare il rapporto madre-figlio, per esempio attraverso la canguro terapia: lasciando per qualche tempo il bimbo nudo sul seno della mamma” ha sottolineato Mauro Stronati.
La SIN, l’Associazione Vivere Onlus ed il tavolo tecnico sull’allattamento del ministero della Salute hanno firmato un accordo per permettere alle mamme di entrare nelle terapie intensive 24 ore su 24 in modo da favorire l’allattamento al seno e migliorare il rapporto madre-figlio. Purtroppo, però, ancora molte terapie intensive non adottano questa pratica appellandosi a questioni di privacy o per paura di poca attenzione da parte delle mamme.
Dal punto di vista sociale, invece, è importante che le mamme possano contare su un lungo congedo parentale.
“Quest’anno una circolare dell’Inps ha recepito il decreto legislativo del Jobs Act, prolungando il periodo di astensione obbligatoria per le mamme di nati pretermine in caso di parto fortemente prematuro, cioè almeno due mesi prima della data presunta del parto” ha ricordato Martina Bruscagnin, presidente di Vivere Onlus.
Ai 5 mesi di congedo di maternità vengono aggiunti dei giorni che intercorrono tra la data effettiva del parto e l’inizio dei due mesi ante partum.
“Quello che chiediamo è aggiungere al periodo di congedo obbligatorio i giorni di degenza in terapia intensiva in ospedale per tutti i nati pretermine, senza distinzioni” ha concluso Martina Bruscagnin.
Fonte:
repubblica.it
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